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Isole Vanuatu – La strega della Foresta

“LA STREGA DELLA FORESTA”
di Carlo Castagna
La Catia é una donna speciale. Ci conosciamo da una decina d’anni durante i quali abbiamo viaggiato frequentemente insieme.
Le voglio molto bene; un affetto sincero e disinteressato.
Intelligente, bella, sportiva, ottima professionista, simpatica, decisionista, sempre pronta ad aiutare e collaborare.
Grandissima viaggiatrice. È una di quelle persone che si trovano a proprio agio al Beaumont di Londra come su un tavolaccio in una guest house di Port Moresby; per lei cambia poco se si prende un Singapore Sling al Raffles o una birra calda lungo una polverosa pista africana, è sempre contenta.
Fortunatissima!
Quindi? Cosa le manca?
Beh….le manca il necessario per completarla, per renderla “rotonda” e cioè un adeguato cavaliere al suo fianco.
Fu una delle prime ad aderire in modo entusiastico all’ipotesi di un viaggio abbastanza alternativo alle isole Vanuatu, una prima. Un mese da passare in una zona molto remota, poche possibilità di reperire informazioni, senza programmi definiti e con un budget assolutamente approssimativo. Viaggio da duri senza paura.
Da subito l’organizzazione era parsa molto complessa.
La compagnia aerea locale, la Air Vanuatu, non ha un vero e proprio orario ad eccezione dei rari voli internazionali con Giappone e Australia. I piccoli aerei che mettono in comunicazione le numerose isole dell’arcipelago partono quando raggiungono un numero congruo di passeggeri.
Essendo la navigazione “a vista” è anche indispensabile che il tempo sia favorevole e non sia in previsione qualcuno di quei frequenti tifoni che caratterizzano il meteo di questa parte di mondo.
Il gruppo, fortunatamente, si completa in fretta. Siamo in 18, tutti molto motivati.
D’altra parte, il programma è molto interessante; a dispetto delle scarse informazioni, queste isole hanno molto da offrire ai visitatori: etnie, natura, vulcani, tradizioni.
Ogni isola ha le sue peculiarità e diversità rispetto alle altre. Melanesiani per eccellenza, i Vanuatesi sono famosi nel mondo per essere gli inventori del Bungee Jumping. Infatti, dalla notte dei tempi, per dimostrare di avere raggiunto l’età matura e per auspicare un buon raccolto di Yam, i ragazzi dell’isola di Pentecoste hanno pensato di buttarsi da una torre alta 35 metri con i piedi legati da una liana che è fissata alla sommità della torre stessa. Il periodo migliore per il Naghol, così si chiama questa cerimonia, sono i mesi di aprile e maggio quando le liane sono ricche di liquido e rimangono robuste ed elastiche per ammortizzare il corpo in caduta. Questa liana è misurata a spanne; vanno calcolati peso e altezza corporea, distanza del volo e indice di elasticità della liana stessa. Questi parametri sono fondamentali per riuscire ad ottenere la migliore performance.
Chi tuffandosi riuscirà a baciare la terra la renderà feconda e sarà meglio considerato all’interno del clan.
Come potrete immaginare, gli infortuni anche gravi sono all’ordine del giorno e ogni anno fratture e traumi di tutti i tipi sono frequentissimi. Per contenere il numero degli incidenti e non creare disabili, che sarebbero un peso grave per la loro comunità, ciascun tuffatore può ripetere il salto solo un limitato numero di volte.
Assistere al Naghol non è l’unica attrattiva di questo remotissimo arcipelago. Nell’isola di Ambrym, per esempio, per mantenere vive le tradizioni, si svolge il Back To My Roots Festival. Tre giorni di “ritorno alle origini” per gli abitanti dell’isola e il loro desiderio di condividerle con i turisti (pochi) che passano da quelle parti. Infatti, per tutti gli stranieri presenti a Vanuatu il BackToMyRoots è un avvenimento difficilmente perdibile.
Noi eravamo arrivati in zona con molto anticipo. Volevamo entrare nello spirito del festival da “amici” e non da turisti. L’unico modo per guadagnare questo status è essere accolti presso una famiglia, convivere con loro e farsi accettare. Il nostro anfitrione è nientepopòdimeno che lo stregone del villaggio di Craig Cove. Vivremo per quasi una settimana nel suo compound insieme alla sua numerosissima famiglia. All’interno della società melanesiana, soprattutto quella di Ambrym, la magia è importantissima e lo stregone (che svolge anche le funzioni di medico, sciamano e negromante) copre un ruolo fondamentale, addirittura più importante del Chief Paramount, il capo villaggio. Vivendo in simbiosi con gli elementi naturali queste popolazioni hanno imparato a leggerne i messaggi e a valorizzarne le caratteristiche non solo per procurarsi cibo o medicamenti, ma anche a sfruttarne le proprietà magiche.

property of VNM

property of VNM

Il “nostro” mago si chiama Toussaint ed ha un curriculum di tutto rispetto. Arriva da un albero genealogico di grandi streghe e sciamani e il suo ruolo se lo è guadagnato sia per dinastia che per capacità. È robusto, i capelli crespi e brizzolati sparati verso l’alto in modo così scomposto che sarebbe impossibile farlo apposta. È molto brutto, ha profondissime occhiaie più scure della sua pelle già scurissima, ma quando sorride sembra l’immagine della bontà. Persona intelligente, è ben visto, quasi temuto, dalla sua comunità. Parla prevalentemente nel dialetto di Ambrym west, ma conosce anche l’idioma di Ambrym est e ha dimestichezza anche con francese ed inglese.
Come dicevo, ha un importante curriculum; sa curare la malaria alla perfezione e i dolori al ventre per lui non hanno segreti. Ha persino favorito con alcuni riti il matrimonio fra l’attuale Chief Paramount e una ragazza di Malekula che ha portato sangue nuovo nella loro dinastia. Insomma…sa il fatto suo. Essere ospiti di Toussaint è un grande privilegio.
Ad Ambrym, oltre ai festival e alla magia c’è la possibilità di salire sul vulcano Marum, uno dei quattro vulcani attivi con lago di lava interno che si possono ammirare al mondo.
Abbiamo tempo per effettuare il trekking fino alla sua vetta e cominciamo ad organizzare la spedizione.
La partenza per il vulcano avviene la mattina da Craig Cove. Ci servono delle tende, dovremo dormire sulla colata di lava raffreddata quindi andiamo a cercare il necessario in giro per tutto il piccolo villaggio. Troviamo una tenda lasciata da altri turisti e tre teloni, il resto lo improvviseremo sul posto. Portiamo acqua e viveri per tre giorni. Dovrebbero bastare.
Per raggiungere la cima servono 10 ore di marcia spedita su e giù per le colline, giungla fittissima, serve il machete. Poi, come dessert, una salita di 400 metri di dislivello su cenere vulcanica. Due passi avanti e uno si scivola indietro. Però, raggiunta la cima, lo spettacolo è entusiasmante! La vetta è spazzata dalle nuvole basse che insieme al fumo del vulcano creano un’atmosfera stranissima, magica; magica come questa isola.
Arriviamo proprio sul bordo del cratere a vedere, giù in basso, il ribollire della lava. È uno spettacolo ipnotico, come guardare il fuoco del caminetto, anzi, di più!
La nostra guida ci risveglia dall’ipnosi spiegando che è ora di tornare al campo altrimenti il buio ci avrebbe colto lungo la strada. Infatti arriviamo alla radura appena prima del calar del sole. Creare dei ripari per la notte si rivela più complicato del previsto. Le tende che avevamo recuperate a Craig Cove potevano ospitare solo 6 persone mentre noi eravamo 12 più altrettanti portatori e guide. Mentre qualcuno comincia a tagliare rami e frasche per ripararci dal vento e dagli insetti notturni, gli altri (qualche portatore) si appresta a procurare la cena. Si avvicinano alla boscaglia facendo un gran baccano e costringendo la colonia di volpi volanti a prendere il volo. Mulinando l’aria con dei lunghi bastoni riescono ad abbattere un buon numero di pipistrelloni che saranno il piatto principale della LORO cena. A Vanuatu sembrano essere tutti molto ghiotti di questi inquietanti ma simpaticissimi animaletti. Gli pteropus sono molto comuni in tutto il sud pacifico e, nutrendosi di frutta, nonostante i loro minacciosi denti canini, sono assolutamente innocui. Gli unici nemici che hanno sono, appunto, i golosissimi vanuatesi.
Essendo grandi e volando molto lentamente ed a bassa quota sono obiettivi piuttosto facili da catturare. Infatti, in pochi minuti le nostre guide tornano al campo soddisfatti con la LORO cena assicurata. Noi preferiamo cucinare una banale pasta con un sugo di melanzane che, cotto sul fuoco di legna, sembra ancora più buono.
La notte nei nostri giacigli di fortuna passa tranquilla ed il sonno viene favorito dal sommesso e continuo brontolio del vulcano e dalla fioca luce rossa prodotta dalla rifrazione della lava contro le nuvole a pecorelle.
In mattinata facciamo rientro a Craig Cove dove fervono i preparativi per il Back To My Roots Festival.
Durante la nostra assenza sono arrivate alcune barche di turisti internazionali. Saranno una decina. Facciamo conoscenza con gli altri stranieri; sono Australiani, Americani e ci sono anche quei due poveri fidanzati tedeschi che purtroppo, alcuni giorni dopo la nostra partenza, verranno rapiti, uccisi e mangiati dalla loro guida (http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2011/10/17/AO7CtYEB-cannibali_tedesco_divorato.shtml).
C’è fermento al villaggio. Tutti hanno qualcosa da fare. Preparare i costumi, costruire le complesse maschere Rom e Namangi, cucinare tonnellate di lap-lap e preparare litri di kawa. Aiutiamo anche noi. L’atmosfera è di euforia positiva, tutti sono contenti; ci sentiamo e ci fanno sentire ormai parte della comunità.
Prepariamo la cena tutti insieme creando una sorta di fusion italovanuatese che, a dire il vero, non da risultati entusiasmanti. L’unica similitudine fra le due cucine è la frittatona cucinata con le uova di fregata che sono grandi circa come quattro uova di gallina. La carne è cucinata nel tradizionale modo del sud pacifico. I pezzettoni di carne vengono posti in una buca foderata di foglie di palma e poi ricoperte da altre foglie. Sopra le foglie vengono poste pietre roventi fino a fare una piccola montagnetta. Dopo alcune ore le pietre ormai raffreddate vengono tolte e…lo stufato è pronto.
Fra una frittata e una tazza di kawa facciamo amicizia con i nostri anfitrioni. In particolare entro in confidenza con Toussaint, lo stregone padrone di casa. Mi racconta tutto di lui e di come ha scoperto il suo talento nel curare i mali e nel divinare leggendo le foglie e le ossa. La cultura melanesiana non è scritta ma tramandata oralmente e, da tradizione, tutti i melanesiani sanno parlare tanto e bene.
Di fronte a noi è seduta la Catia che si sta facendo pettinare da Antoinette con cui ha stretto amicizia.
In un flash mi viene spontanea una domanda da porre a Toussaint: “Non sarebbe possibile fare una magia per far sí che la Catia possa trovare un fidanzato adeguato?”.
Toussaint pensa in silenzio per qualche secondo osservando la ragazza con grande attenzione. È notte e l’illuminazione è “stellare”; Catia non si accorge di essere al centro delle nostre attenzioni.
La sentenza determinata dall’osservazione della suddetta fu: “Non sono in grado. Per me è troppo difficile, il mio potere non arriva a tanto”.
Caspita!, penso. Non credevo fosse così complicato….
“Però”, continua Toussaint, “mia sorella può aiutarci. È la strega della foresta, vive sola nella giungla ed ha grandi poteri, molto più forti miei. Siamo anche fortunati! Stanotte la luna è piena e le magie avranno risultati ancora migliori. Andrò subito da lei e per 500 Vatu(5€) certamente farà l’incantesimo.” Approvo con entusiasmo! Gli dò il denaro e mi offro di accompagnarlo nella giungla. Lui prende le banconote ma non mi consente di seguirlo dopodiché scompare fra le piante di garcinia.
È il grande giorno!! Comincia il festival. Tutto è pronto. I bambini ci accompagnano attraverso una magnifica palmeraia fino a raggiungere la radura dove si terranno le danze tradizionali. Hanno costruito con dei grossi rami una sorta di tribuna per accomodare la cinquantina di turisti stranieri presenti (e paganti) sull’isola. Di fronte alla tribuna, al limite della radura, sono posizionati decine di totem dalle espressioni truci. I tamburi battono forte il ritmo ossessivo che seguono i danzatori. Arrivano a ondate: prima i bambini, poi gli uomini, a seguire le donne ed infine tutti insieme.
Intervallo di un’ora.
Fra le palme vedo apparire Toussaint in tutta la sua fascinosa e magnetica bruttezza. Le occhiaie sono quanto mai scure ed è anche particolarmente spettinato; una volta in più mi interrogo su come riesca a “spettinarsi” in quel modo, non so come faccia!
Non viene da noi; rimane fra le palme e mi chiama in disparte con l’atteggiamento di qualcuno che vuole nascondersi. Lo raggiungo e insieme andiamo in una capanna poco distante dove incontriamo anche il suo discepolo apprendista che rimane ad ascoltare. Dice che ha passato tutta la notte con sua sorella a fare riti per favorire il sortilegio. Hanno preparato un amuleto dal potere assoluto, definitivo e infallibile…però…servono altri 500 Vatu. Gli espongo le mie rimostranze per l’aumento dei costi ma lui, consapevole del valore del suo talismano, resta intransigentemente sul pezzo senza diminuirne il costo. Pago rassegnato ma confidente.
Lui estrae dal suo astuccio penico un rotolino di foglie.
Lo apre e mi mostra con orgoglio il contenuto: tre germogli di felce.
Mi fornisce anche le istruzioni sull’uso. Una volta che la donna ha individuato una “preda” mangerà il primo germoglio; in seguito dovrà avere l’abilità di far masticare il secondo germoglio all’uomo. Il terzo germoglio andrà messo fra le labbra della donna e quindi sputato fra i piedi dell’interessato. Poi, insieme, dovranno pestare la fogliolina dopodiché la frittata è fatta!! L’incantesimo sarà compiuto e lui si innamorerà follemente e non lascerà mai più la nuova e fortunata fidanzata.
L’intervallo è finito e faccio ritorno dagli altri che, non vedendomi, già si stavano chiedendo che fine avessi fatto. Per dissimulare, fingo di avere avuto un attacco di mal di pancia ed il palinsesto del festival continua con il sand drawing, una tecnica di disegno sulla sabbia che consiste nel tracciare complicate trame senza mai staccare il dito da terra. Veniamo coinvolti in questa attività con risultati raccapriccianti e la prima giornata di festival giunge al termine.
Tornati al nostro compound svelo il motivo della mia momentanea sparizione ed estraggo con orgoglio l’amuleto dalle tasche. Descrivo puntigliosamente tutti i dettagli che Toussaint mi aveva raccontato. Ometto solo di raccontare che il rotolino di foglie era stato trasportato all’interno di un astuccio penico…
La Catia ha una reazione interlocutoria. Sembra apprezzare ma quando sente che, una volta compiuto l’incantesimo, non si toglierà più di torno il suo innamorato si dimostra molto perplessa sulla possibilità di fare uso di quella magia.
Gli altri giorni di festival ad Ambrym passano piacevolmente fra danze Rom e sacrifici di maiali. Poi, come sempre, arriva purtroppo il momento dei saluti.
Lasceremo un pezzo dei nostri cuori fra quelle palme.
Cinque anni dopo:
Ho visto la Catia poche settimane fa.
Il talismano è ancora in attesa di essere utilizzato.
Il motivo, dice, sarebbe che non è ancora stato individuato il personaggio per cui varrebbe la pena sfruttarne le grandi potenzialità. Resto fortemente convinto che i 10€ siano stati un ottimo investimento. In fin dei conti sono passati solo cinque anni e tutti noi che le vogliamo bene rimaniamo fiduciosi che prima o poi possa sputare il germoglio di felce e possa così trovarsi immediatamente azzeccata ad un’anima adorante che non la lasci PER TUTTA LA VITA!!


Amma — Sri Mata Amritanandamayi Devi di Carlo Castagna

Un gruppo di maldestri turisti in visita all’ashram di una delle più importanti personalità religiose mondiali

Parlare di religione è sempre sconveniente. Si rischia fortemente di cadere in equivoci, magari anche senza volerlo. È un discorso complicato, migliaia le sfaccettature di un diamante che cambia continuamente sfumatura al minimo spostamento.

Amma
Tutto questo, va specificato, detto da un cinico, materialista, pragmatico metalmeccanico, agnostico miscredente, peccatore senza dio come il sottoscritto.
Nella mia vita ho avuto l’opportunità e l’immensa fortuna di poter gironzolare per il mondo. Ne ho viste di cotte e di crude: dal Santo Sepolcro al tempio di Shiva; da Tikal al tempio dei pitoni di Ouidah; dai feticheurs dei Koma ai cannibali delle Salomone….
Cristiani, Hindu, Animisti, Buddha, Confucio, Maometto…
Chi ha più ragione?? Si sono fatte (e si stanno purtroppo facendo) guerre per stabilirlo….senza nessun risultato, ovviamente
Il mio livello di cultura in questa materia non mi consente nemmeno di avvicinarmi ad un ragionamento sull’argomento.
Però, prima di scadere nella retorica, vorrei raccontare dell’ennesima sfaccettatura a cui abbiamo assistito nell’ultimo viaggio in Kerala.
Siamo stati ospiti all’ashram di Amma, meglio nota come “la santa che abbraccia”.
Sia ben chiaro che quello che leggerete non vuole essere NEL MODO PIÙ ASSOLUTO un giudizio.
Mai mi permetterei di farlo!
Si tratta solamente di considerazioni di cronaca fatte, appunto, da un confuso e curioso spettatore che ha solamente assaggiato per un giorno e una notte l’atmosfera di un vero ashram.
Avevo sentito parlare di Amma da molto tempo. Mi aveva incuriosito quando, arrivata in tournée a Busto Arsizio, aveva radunato 50.000 fedeli in coda per essere abbracciati. E li aveva abbracciati tutti!! Ne aveva parlato anche il TG3 Regione!!
Ora, che 50.000 brianzoli perdano tempo a fare la fila per un abbraccio, fa davvero strano! Se lo hanno fatto deve essere stato per una cosa importante!
Il viaggio in Kerala non prevederebbe una sosta a Kollam, la città più importante nei pressi dell’ashram. Però ci si passa troppo vicino per non avere la tentazione di andare a curiosare. Quindi, una breve ricerca su Google e appare il formulario da compilare per essere ospitati al tempio. È gratis…lo compilo. Aggiungo tutti i dettagli dei partecipanti che, nel frattempo, hanno completato il gruppo. Decideremo insieme strada facendo.

ashram
Comincio a proporre l’ipotesi quasi subito dopo la partenza, così…tanto, per valutare le reazioni. Dalle relazioni dei gruppi precedenti non trovo nessun accenno di qualche coordinatore che si sia fermato a dormire. Io ci andrei. Anche gli altri sembrano bene accogliere l’idea; qualcuno in modo entusiastico, altri con più moderazione ma la maggioranza è schiacciante. I pochi scettici reagiscono con sommessi borbottii. Pianifico cosi l’itinerario in modo da poter pernottare la domenica.
Amma, dicono le informazioni trovate in rete, come ogni anno a Natale, dovrebbe essere presente ed anche in modo operativo. Dovrebbe abbracciare. Il riposo è previsto nei giorni di lunedì e martedì.
Verso le 10 del giorno previsto, con il nostro bus, imbocchiamo le strette stradine fra le risaie che portano all’ashram. Si vede che ci stiamo avvicinando, sempre più spesso notiamo manifesti con il sorriso di Amma in primissimo piano. Fa già caldissimo. Lungo la strada circolano persone che poco somigliano al prototipo di contadino indiano che ormai siamo abituati a vedere. Sono occidentali, spesso molto magri, vestiti di un bianco candido che che accentua il loro pallore.
Abbiamo sbagliato strada, anche per l’autista è la prima volta, però siamo all’entrata posteriore, quella che da sulla spiaggia. Poco male. Entriamo. Siamo come degli alieni. Unici a vestire colorato e a comportarci come dei buzzurri in un collegio svizzero. Tutti fanno qualcosa con un visibile impegno. Chi asciuga i piatti, chi spazza, chi taglia cavolfiori…tutto fatto con grande passione e attenzione. Veniamo subito rimproverati con ferma educazione da tutti quelli che incrociamo: “Qui non si fuma!!”, “Qui non si fanno foto!!”, “Qui ci si copre le spalle!!”
Accidenti! Non ce ne lasciano passare una!
Un enorme capannone senza pareti fa ombra a migliaia di sedie buona parte delle quali sono occupate da persone in apparente atto di preghiera. “Sono in coda per abbracciare Amma” ci dice una ragazza italiana posizionata dietro ad un gigantesco pentolone e impegnata a distribuire mestolate di purea di ceci. È una bella ragazza, avrà 30 anni, sembra una vestale. Magrissima e pallida, è di Firenze, “Sono qui da tre anni e vorrei restarci tutta la vita”
Ci indica con molta grazia dove andare per registrarsi. Ci ritirano i passaporti e compiliamo un formulario con i nostri dati. 250 rupie a testa (quasi 4 euro) pensione completa in stanze doppie. Ottimo! Mentre ci distribuiamo nelle stanze veniamo raggiunti da Manatee. È un’altra delle “vestali”. Una bella signora, porta i suoi semplici abiti bianchi con molta eleganza. Dalla parlata sembra lombarda, vive nel tempio da 10 anni ed è la portavoce italiana di Amma. Ci farà da anfitriona durante il nostro breve soggiorno. Penso che l’abbiano incaricata di accudirci perché stavamo facendo una serie impressionanti di figuracce ed eravamo motivo di forte disturbo. Manatee ci inquadra subito: “Scusa!, copriti le spalle!!”, “Butta subito quella sigaretta!!” ferma e giustamente intransigente ci detta le regole di comportamento in vigore nella loro società. Spiega per sommi capi l’ideologia che si porta avanti nella loro comunità (Amma dice che l’unica religione è l’amore…) poi ci insegna come nutrirsi (Amma dice di non sprecare cibo…), a fare la fila dalla vestale fiorentina col mestolone per il cibo gratuito oppure al ristorante “à la carte” dove si mangia meglio pagando qualcosa ma pur sempre a prezzi popolari. Poi a lavarsi le stoviglie senza sprecare acqua (Amma dice di non sprecare risorse….). E così via. Terminato il pranzo ci mostra un video con tutte le opere di Amma e scopriamo che in 30 anni di abbracci, per non sapere né leggere né scrivere, ha elargito quasi un miliardo di dollari in beneficenza!! Chapeau! Manatee dice che ci farà abbracciare. Ripenso con timore alle migliaia in fila sotto al capannone! Ci solleva subito da quel pensiero spiegando che gli stranieri passeranno fra le sue braccia dopo le 21. Meglio così. Continua raccontando il funzionamento della macchina organizzativa. Sembra un orologio svizzero. Tutti volontari, ovviamente, e col sorriso sulle labbra. Poi andiamo in spiaggia dove c’è molta gente. Chi medita, chi fa yoga, tai chi, …nessuno é la per abbronzarsi. Si sta bene. Grande è il contrasto con il mondo al di fuori. In india la vita è dura per la maggioranza della gente. Sulla strade è un delirio. Una lotta continua dove ci sono solo due regole: la prima è che il mezzo più grande ha la precedenza; la seconda: bisogna andare piano altrimenti si muore. Il tuo spazio nella strada non te lo lascia nessuno. Te lo devi conquistare! Con astuzia, con destrezza e a volte anche con la prepotenza. Qui nel tempio non è così. Tutti si aiutano. Nel frattempo si fa sera e Amma continua ad elargire abbracci a tutti senza sosta; non ha ancora smesso da quando siamo arrivati alle 10 di mattina. 8 ore filate senza nemmeno fare la pipì! Noi ciondoliamo in giro per il tempio ad assistere alle funzioni, quella di Krishna, quella di Khali ed altre. Si respira un’aria di pace e serenità.
sydney
Conosciamo un ingegnere italiano che collabora con la fondazione e ci dice dei progetti che stanno prendendo forma nelle scuole fondate da Amma. Queste scuole hanno rapporti di collaborazione intensissima con le migliori università mondiali a partire da Cambridge fino al Politecnico di Torino e all’università di Pavia. Principalmente cercano e sviluppano progetti per il risparmio degli elementi: acqua, cibo, energia… brevettando i progetti e cedendoli a titolo gratuito alle aziende disposte a metterli in opera senza chiedere le royalties per il brevetto. Grandi!
Incontriamo di nuovo Manatee che ci indica le regole di comportamento per arrivare al fatidico abbraccio.
La fila è ancora molto lunga e la nostra vestale approfondisce le spiegazioni riguardo gli aspetti del pensiero di Amma. Praticamente nasce da una modesta famiglia di contadini Hindu e da giovanissima si accorge che i suoi abbracci sono terapeutici, soprattutto per risollevare lo spirito delle persone con cui ha il contatto. Non ritiene giusto dedicarsi solo ad una persona e quindi non si sposa. Questo, nella società indiana degli anni ’60, non è certamente bene accettato dalla sua famiglia e dal villaggio intero che vede nei suoi abbracci qualcosa di poco candido. Però la sua fama comincia ad andare oltre i confini della provincia, poi regione, poi lo stato e i visitatori si moltiplicano tanto che la sua famiglia e i suoi compaesani devono ricredersi e l’aiutano ad ingrandire prima la stalla di famiglia e poi ad allargare le loro proprietà per ospitare tutti i pellegrini desiderosi di incontrarla. Cibo gratis per tutti e ospitalità garantita ad offerta libera. Dopo pochi anni la situazione “famigliare” comincia a diventare poco sostenibile e si iniziano i lavori per ingrandire ulteriormente gli spazi per l’accoglienza. Ora ci sono 6.000 posti letto, tre ristoranti, un ospedale, l’università e le scuole per i bambini, svariati negozi…insomma, un paese efficiente e ordinatissimo i cui abitanti arrivano dal mondo intero per dare il proprio meglio.
Facendo la fila, vediamo un’altra bella signora, anche lei vestale, che dietro ad un tavolone pieno di frutta pulisce la buccia delle banane. Lo fa con un con una dedizione non comune, quasi con amore, sembra che stia lavando il proprio bimbo. Le chiedo di dove sia e lei racconta di essere di Berkeley, California, e le banane che sta lucidando sono il dono di Amma a tutti coloro che la incontrano e quindi lei le sta preparando; lo fa ogni sera. Continua dicendo che è un architetto ma che il suo lavoro, benché molto redditizio, non le piace perché è troppo stressante e quindi, per tre mesi all’anno, viene da Amma a lucidare le banane.
È il nostro turno. Finalmente. Ci levano borse e telefoni, passiamo attraverso il metal detector, ci perquisiscono e siamo nella stanza. Sono le 22 e lei è ancora lì da stamattina senza essersi spostata di un decimetro! Incredibile! Parla a tutti in continuazione. Nella stanza siamo tutti pigiati come il tetris. Non ci si muove. Molti sembrano dormire e, data l’ora, non pare nemmeno strano. Quando esce uno ne entra un’altro. Sono il primo del nostro gruppo, mi inginocchio come avevano detto e lei mi afferra il testone portandolo con determinazione al suo petto, perdo I’equilibrio e per recuperare mi appoggio ai suoi fianchi. I suoi collaboratori mi levano subito le mani da lei e riperdo l’equilibrio sprofondando con la faccia sotto la sua ascella provata da ore e migliaia di abbracci a fronti sudate. Però noto (con piacere) che è profumatissima. Mauro, che è dietro di me, probabilmente spinto da qualcuno, schiaccia con tutto il suo peso il suo ginocchio sulle dita rovesciate del mio piede e mi fa molto male. Sono come alla gogna e non riesco a muovermi. Poi Amma si avvicina all’orecchio e mi sussurra velocemente: “carofiglio,carofiglio,carofiglio,carofiglio,carofiglio…” e mi mette qualcosa in mano. Rapidamente i suoi collaboratori mi lasciano le braccia, lei si distacca e Mauro toglie il ginocchio dalle dita del piede e sono libero. Mi allontano per lasciare il posto ed esco rapidamente dalla stanza. Vedo che il regalo è una lucidissima banana della vestale californiana. Scendo nel capannone e mi ritrovo con Mauro e Lucio. Roberto, Barbara, Saide, Fulvia e la Katiuscia si sono fermati nella stanza a pregare. Li aspettiamo commentando l’esperienza vissuta. Onestamente, proprio per le mie personali caratteristiche elencate in precedenza, non ho provato nulla in particolare. Qualcuno ha pianto, altri si sono sentiti migliori, una ha sfiorato la trance. Ciascuno ha la sua. Guardo la banana; si sta annerendo e va consumata al più presto. Avendo assistito con quanto amore è stata lucidata quasi mi dispiace sbucciarla. Ripenso per un ultima volta all’architetto di Berkeley e me la mangio. È buonissima. Non lo dubitavo.
Notte serena con in sottofondo le nenie delle funzioni Hindu. La mattina andiamo a salutare Manatee. È stata davvero preziosa. Il grande capannone è vuoto, le migliaia di sedie sono sparite e tutto è pulito ed in ordine. “Stanno servendo la colazione” avvisa la nostra vestale. La fila non è lunga, non c’è più la ressa della domenica. Oggi Amma si riposa dagli abbracci. Ma…dietro al pentolone gigante non c’è più la pallida fiorentina a distribuire le mestolate di ceci. È proprio Amma che aiuta in cucina sempre con il suo inconfondibile sorriso stampato sul viso. Non so se sia una santa o se il suo credo sia quello vero ma l’unico commento che mi viene da dirle è: brava Amma!

N.B.
L’ashram Amritapuri non è un sito turistico, dove andare a divertirsi o fare caciara. Le persone che dovessero pensare di andare a fare visita dovrebbero farlo con la consapevolezza di entrare in un luogo serio gestito da una comunità di persone serie con rigide regole di comportamento e convivenza.


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Aurore Boreali – Lapponia – da Inari a Rovaniemi

Di Stefano Soldà

 

Estratto da una descrizione di una partecipante di Aurore Boreali – Agnese.

La Lapponia e’ un viaggio interiore e per questo non adatto a tutti, ovvero: non e’ consigliato a chi intende il viaggiare solo come un turbine di spostamenti e visite frenetiche in più posti possibili al solo fine di dire di averli visti.

Il viaggio  “aurore boreali“ si propone di portare i partecipanti ad assistere ad uno dei fenomeni più stupefacenti della natura. Cio’ non significa prometterlo, chi mai potrebbe garantire al posto della natura stessa? Io  ho avuto la fortuna di vederla ! Tuttavia la ricerca nel cielo di quella coda verde, ogni sera con speranza, mi ha riportato ai sogni di bambina, quando la notte di Natale guardando in cielo speravo di vedere passare una slitta trainata da renne volanti. Non serve vedere l’aurora boreale per amare la Lapponia. Questo luogo ti connette con la parte primordiale dell’anima, quel posto dove abitano le fate. La neve scricchiola sotto i piedi mentre si cammina nel paesino di Inari per bere una birra nell’unico bar, o per tornare alle casette di legno intorno al lago ghiacciato.  Non ci sono rumori, non esiste traffico o suoni che non provengano dalla foresta circostante… Ogni tanto qualche scoiattolo corre a più non posso lungo il tronco di una betulla per raggiungerne un’altra. I Sami sono cordiali e silenziosi, cercano di trasmettere alle persone le tradizioni di un popolo antico, abituato a vivere nel gelo e a doversi arrangiare con le poche risorse disponibili. Qui non esiste spreco, quando si visitano le farm di renne e si entra a contatto con questi splendidi animali, ci si domanda come sia possibile avere il cuore di ucciderli. Poi, si comprende: il valore delle renne va molto oltre la loro bellezza, questi esseri sono l’unico motivo per cui i lapponi sono riusciti a sopravvivere. Le allevano con amore, gli danno dei nomi, le marchiano con dei ricami sugli orecchi per riconoscerle, ma poi le uccidono, per mangiare. Col il pelo delle zampe vengono fatte le scarpe per l’inverno, i tendini diventano fili per cucire, le ossa strumenti per il lavoro, la pelliccia una coperta per dormire…

Qui il rispetto della natura e’ intrinseco nella tradizione.
Siamo stati anche sulle slitte trainate dai cani. Mentre andavo sul lago dove avrei svolto questa attività pensavo dentro di me che si trattasse di una trovata puramente turistica. Mi sbagliavo ancora. L’allevamento dei cani da slitta e la loro preparazione alla corsa e’ preso molto seriamente, tanto da essere una ragione di vita per chi se ne assume la responsabilità. Questi animali sono il risultato dell’accoppiamento tra husky e lupi che serve per renderli più forti e più adatti alla natura selvaggia. Noi cittadini, abituati a trattare gli animali come peluche da salotto, potremmo pensare che fanno fatica e quindi soffrono. Quando si sale su una slitta ci si accorge invece, di quanto può essere sbagliata questa percezione. I cani ululano di gioia, saltano sul posto, grattano la neve, spalancano gli occhi e gli si vede la vita dentro. Loro devono correre e lo devono fare subito perché e’ la loro natura. In questi animali si sente la felicita’ battere al ritmo di un tamburo, quello del loro cuore d’assalto. Senza il ghiaccio, la neve, il freddo e la corsa, sarebbero morti.

Avventure nel mondo da la possibilità a tutti di viaggiare, ma non fa viaggi per tutti.

Si può passare in questi luoghi, vederli e commentare cosa mancava, cosa non andava, come si mangiava. Questo lo sanno fare tutti e per alcuni sembra essere il passatempo preferito.

Oppure si può imparare la contemplazione, il rispetto e il silenzio e quello che succede dentro a chi lo riesce a fare, e’ un’aurora boreale. Agnese

Un ringraziamento ad Agnese per la splendida descrizione della Lapponia.

Stefano Soldà

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Festa del Torrone e treno a vapore

TRENO A VAPORE DA MILANO A CREMONA – FESTA DEL TORRONE

Sabato 15 novembre 2014: giornata uggiosa, ma noi 55 avventurieri non ci facciamo intimorire e a Lambrate saliamo sul treno d’epoca a vapore per un viaggio d’altri tempi, su carrozze trainate da una sbuffante locomotiva a vapore che, grazie alle Ferrovie Turistiche Italiane, ogni anno ritorna in vita per pochi giorni. Prendiamo posto sui “duri”
sedili, anche loro d’epoca, e partiamo alla volta di Cremona dove ci attende la Festa del Torrone.

Parecchie sono le manifestazioni in programma nella meravigliosa cornice del centro storico di Cremona, che per l’occasione si è trasformata in un grande salone del gusto a cielo aperto, con stand gastronomici e offerte di assaggi di torroni speciali di tutti i tipi e per tutti i gusti.

Non mancano nemmeno delle occasioni culturali come la visita al cortile del quattrocentesco Palazzo Fodri, il miglior esempio del Rinascimento lombardo a Cremona.

All’ora di pranzo è quasi d’obbligo una tappa al Ristotorrone per degustare alcuni piatti tipici della tradizione cremonese.

Nel pomeriggio cerchiamo riparo presso l’Auditorium del Museo del Violino per assistere all’interessante concerto di una giovane e brava violinista alla quale è stato affidato uno Stradivari del 1720, un vero piacere per intenditori e non.

Un’ultima degustazione “guidata” di torroncini e birre, strano abbinamento, e si rientra.

Come in ogni vera avventura, non puo’ mancare l’imprevisto e il ritardo di oltre due ore a causa di un guasto ad un treno “nuovo” che occupa la nostra linea. Ma questo ci permette di scambiare quattro belle chiacchiere e di approfondire la conoscenza dei simpatici compagni di viaggio.

Grazie a tutti per la partecipazione e un arrivederci a presto,

Anna & Lorella

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sudafrica

SUDAFRICA di Stefano Soldà

‘Il mondo in un solo Paese’ recitano i depliant turistici e per una volta dicono il vero. Il Sudafrica offre paesaggi splendidi e diversissimi, deserti, savane, canyon, lagune, montagne, coste bagnate da due oceani e ovunque una flora e una fauna straordinarie. E mostra un’incredibile mescolanza di Africa e Europa, talvolta in stridente e drammatico contrasto, talvolta capaci di incontrarsi e di creare una nuova realtà. È un pezzo d’Africa dove il benessere è più diffuso che nel resto del continente. Ma il Sudafrica è soprattutto un paese che sta cambiando. I neri, i coloured hanno definitivamente sconfitto l’apartheid per costruire una democrazia integrale grazie anche all’apporto dell’ex presidente della repubblica, Mandela, simbolo della lotta per i diritti civili. Anche in un viaggio di poche settimane si può avvicinare questa realtà in rapido divenire e cercare di capire. Partiamo dall’Italia in volo perJohannesburg e all’aeroporto troveremo i pulmini che guideremo durante il nostro viaggio attraverso Sudafrica, Swaziland, Transkei e Ciskei fino a Città del Capo. Dopo un breve giro di Jo’burg e, se possibile, della township diSoweto, ci dirigeremo verso Pretoria e la vicina miniera di diamanti Cullinan. Proseguiamo per Middleburg e Sabieda dove attraverso una bella foresta raggiungiamo le Cascate Mac Mac e il bellissimo Blyde River Canyonnell’omonimo parco. Attraverso Phalaborwa proseguiremo verso il Parco Kruger, attraversando una regione tra le più affascinanti del Sudafrica, sia per gli insediamenti delle varie etnie (Venda, Ndebele), sia per la grande varietà di paesaggi: fiumi, cascate, montagne, canyon, foreste di pini e di eucalipti, savane e macchie di acacie spinose che ospitano una fauna varia e numerosa. Entreremo nel primo dei numerosi parchi che visiteremo durante il nostro viaggio: il Parco Kruger, limitatamente ai campi aperti in questa stagione. Guideremo fra branchi di gazzelle, antilopi, eland, orici, gnu, kudu, bufali, zebre, giraffe, elefanti; incontreremo rinoceronti bianchi e neri, ippopotami, coccodrilli, leoni (ce ne sono più di 2000), iene brune e maculate, sciacalli e con un pò di fortuna anche ghepardi e leopardi. E, per gli amanti di birdwatching, c’è un enorme varietà di uccelli: 468 specie fra cui moltissimi rapaci, aironi, tucani, marabù, serpentari, buceri e storni metallici che ci terranno compagnia a colazione. Attraverseremo quindi loSwaziland, dove convivono antico e moderno: mercati indigeni, ma anche supermercati dove è ancora possibile vedere uomini nei tradizionali vestiti di pelli. Rientrati in Sudafrica non avremo che l’imbarazzo della scelta tra i numerosi parchi e riserve naturali che andremo incontrando: Mkuzi Game Reserve, Hlumhluwe, Umfolozi e, affacciata sul mare, St. Lucia Game Reserve, dove risaliremo il fiume in barca fra ippopotami, coccodrilli e un’incredibile varietà di uccelli. Attraverseremo gli insediamenti zulù e punteremo su Durban, dove l’Africa ha il sapore dell’India e ovunque si sente profumo di curry. Qui potremo scegliere di esplorare l’interno per ammirare i grandiosi scenari della catena montuosa del Drakensberg ed entrare nel Lesotho, piccolo regno nero interamente racchiuso nella RSA, realtà antropologica completamente diversa dal grande vicino, dove i Basotho si vestono normalmente in abiti tradizionali e non risentono del passato apartheid (l’inserimento del Lesotho sarà possibile eliminando dal programma qualche visita minore, ne vale assolutamente la pena).
In alternativa potremo invece percorrere la costa ed entrare nel Transkei, abitato dagli Xhosa (una delle dieci riserve o homelands dove si confinavano i neri prima della caduta dell’Apartheid), raggiungendo, attraverso un’infinita distesa di colline punteggiate da capanne dai tenui colori e dai disegni geometrici, la costa bellissima e selvaggia. Continueremo verso sud per Grahamstown, un angolo stile vecchia Inghilterra per Algoa Bay fino a Port Elisabeth. Da Port Elisabeth percorreremo la famosissima Garden Route che costeggia laghi, lagune e foreste in un paesaggio in parte alpino e in parte marino, toccando lo Tsitsikamma National Park. Toccheremo Cape Agulhas per ammirare il maestoso spettacolo dei due oceani che si incontrano, ancora una deviazione per Hermanus per l’avvistamento delle balene e poi via sino a Città del Capo, incredibilimente bella, così sospesa fra montagne e oceano. Visiteremo il museo con le splendide raccolte etnografiche, il mercato dei fiori, i vicoli del quartiere malese e gli shopping centre della città moderna e poi via in funivia (o a piedi per i più coraggiosi) sino ai 1000 m della Table Mountain che domina la città e la baia. Se riusciremo, faremo anche una puntata sulla costa atlantica per vedere le colonie di pinguini di Betty’s Bay e i cormorani di Lamberts Bay e il Langebaan National Park. Proseguiremo poi fra i vigneti di Paarl e Stellenbosch (e dove centellineremo l’ottimo vino apprendendo la differenza tra i prodottti delle varie fattorie) arrivando al Capo di Buona Speranza da cui saluteremo questo straordinario angolo d’Africa. Quindi raggiungeremo Capetown da dove, in volo, torneremo in Italia.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

I battelli del Brenta- Venezia ed il suo lido – 31 maggio – 2 giugno 2014

Un lungo week end all’insegna di navigazione, pedalate e passeggiate tra arte, storia e mare!

 

Il nostro week end inizia sabato mattina con ritrovo all’antico Mulino di Dolo da dove iniziamo la navigazione sul Brenta fra paesi, borghi rivieraschi, chiuse, ponti girevoli e ville storiche, con visite guidate alle ville Widman e Foscari. In serata l’ingresso nella laguna di Venezia è reso ancora più spettacolare da un cielo minaccioso che, per nostra fortuna, ci risparmia.

 

Domenica mattina partenza di buon’ora per il Lido di Venezia dove prendiamo le bici per l’intera giornata. Breve giro esplorativo e tappa a San Nicolò per la cerimonia per la Festa della Sensa che rievoca lo spasalizio del mare, con corteo acqueo di imbarcazioni tradizionali a remi da S. Marco al Lido e coro di canti tradizionali. Visita guidata alle Ville Liberty del Lido con tanto di aperitivo in villa…l’appetito vien pedalando! Continuiamo la nostra esplorazione del Lido costeggiando i murazzi fino al borgo di Malomocco. Il tempo è clemente, ci meritiamo una pausa tintarella e, per i più temerari, il primo bagno della stagione. Rientro a Venezia….non prima di concederci uno spritz.

 

Lunedì, tra sacro e profano, ci dedichiamo alla scoperta del Ghetto Ebraico con le sue case altissime (o case-torri), fino a otto piani, costruite allo scopo di contenere il maggior numero di persone in uno spazio limitato e il quartiere delle Carampane….ebbene sì, il quartiere a luci rosse nel quale le prostitute erano obbligate a concentrarsi fin dal XV secolo per disposizione delle leggi sull’ordine pubblico nell’intento di combattere l’omosessualità e di incrementare il turismo a Venezia.lPer attirare la clientela esse sedevano sulle finestre a seno nudo, da qui il nome di  Ponte delle Tette.

Non ci rimane che rientrare col ricordo di una bella compagnia, di posti fantastici che riescono sempre a stupire per la loro ricchezza naturalistica, artistica e storica!

A prestissimo con altre interessanti iniziative!

Anna, Lorella, Natalia

 

Venezia
VeneziaLug 3, 2014Photos: 36
 

Rocco Talia in Namibia – una scelta coraggiosa.

Articolo Repubblica Milano del 22 Giugno 2014

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Giappone Solo – Un Paese in equilibrio tra tradizione e tecnologia

Giappone di Delia Bocceda
Tutti bene o male conosciamo i templi buddisti con le tipiche icone, l’arte dei giardini zen e la disposizione dei fiori, i kimono, le geishe e le arti marziali …
Molti di noi hanno assaggiato il sushi o il sakè, giocato ai videogiochi, letto i fumetti manga, cantato e subìto il karaoke …
“Made in Japan” è l’etichetta di molti prodotti del settore delle comunicazioni, dei trasporti e del tempo libero, in Occidente.
Prima di visitare il Giappone, dunque, la domanda di rito è: qual’è il vero Giappone?. Di sicuro non corrisponde al bagaglio di “pregiudizi” che da occidentali ci portiamo appresso.
Da Tokyo a Kyoto-Nara a Osaka, un Paese che sicuramente sconcerta, ma soprattutto affascina, meraviglia e incanta. Un Paese “governato” dalla tecnologia, che ha saputo mantenere intatto il fascino della tradizione.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il Castello di Padernello

23 Marzo 2014 – Escursione organizzata per Milano Centro al Castello di Padernello. Malgrado la stramilano e il weekend dedicato alle giornate del FAI, siamo partiti da Milano con un bel gruppetto di quattordici persone.Al mattino sembrava volesse piovere, e in effetti la passeggiata nel bosco per vedere il ponte scultura in legno di Giuliano Mauri, ce la siamo fatta sotto una pioggia quasi battente. Per fortuna dopo poco ha smesso di piovere e abbiamo potutto apprezzare la struttura costruita tutta in legno con parti recuperate dl bosco circostante. Perchè Mauri pensa che tutto torna alla Natura dalla quale proviene, e quindi anche la sua scultura con il tempo potrà deteriorarsi e tornale al bosco. Comunque, dopo la passeggiata, siamo andati alla tipica trattoria di campagna “Il Bianchino” dove ci hanno servito una stupenza zuppa di orzo, affettati e formaggi misti, polpettine bollenti, e altre prelibatezze. Alle 14.30 siamo andati al Castello dove c’era una simpatica e preparatissima signora che ci ha spiegato tutte le curiosità e la storia del Castello, illustrandoci di volta in volta le stanze, le funzioni e gli arredi.Ora il castello non è sontuoso come una volta, anzi alcune stanze sono in ristrutturazione, ma salendo l’ultima scala sulla destra, si può trovare un magnifico specchio con una cornice di girasoli scolpiti nel bronzo dorato, e un ritratto di una signora nobil donna del castello, che da soli ci fanno pensare a come poteva essere un tempo. Comunque alla fine della visita eravamo contenti per le cose interessanti ascoltate, l’ottimo pranzo, e la buona compagnia che ci ha fatto passare una domenica in allegria. A seguire qualche notizia interessante.
Il Castello Martinengo di Padernello, la cui presenza risulta documentata sul finire del 1300, domina questa parte della Bassa Pianura Bresciana. Circondato da un largo fossato si inserisce in una campagna ricca di boschi e rogge ai margini del piccolo borgo medievale. Padernello è giustamente famoso per il suo castello (fra i più noti del Bresciano), che, edificato nel 1485 da Bernardino Martinengo, (anche se recentemente sono emersi documenti che ne confermano l’esistenza di un nucleo più antico ben prima di questa data, 1300 circa), si erge ancora oggi nelle sue belle forme di maniero circondato dalla fossa, a dominare l’antico borgo dei Martinengo. Il castello, pur corrispondendo pienamente alle esigenze di una residenza signorile, presenta anche evidenti caratteri fortificati.
Unici elementi che sottolineano il carattere difensivo della dimora rimangono l’ampio fossato ancora oggi colmo d’acqua, la torre che si protende a nord sovrastando il ponte d’ingresso, e il mastio centrale, ultimo baluardo e contemporaneamente vedetta del castello sul territorio circostante. L’edificio nasce quindi con la precisa identità di residenza signorile fortificata che alla funzione difensiva accompagnava le comodità e l’eleganza della vita. Il castello è completamente realizzato in mattoni con pietre nelle finiture, con ampie finestre rettangolari e balconcini in ferro dovuti, come nello scalone principale a tre rampe, ad un intervento del Marchetti padre nel secolo XVIII. L’accesso all’edificio avviene tramite un ponte levatoio a nord (ancora funzionante) che immette in un ampio androne e da qui in una corte quadrata porticata su due lati. Nel cortile i quattro lati sono tutti di diversa struttura: la facciata a levante è piuttosto semplice, elegantissima quella a ponente, costituita da un porticato di cinque arcate con colonne sovrastate da capitelli composti raffiguranti gli stemmi Martinengo e Colleoni.
Ciao….e alla prossima gita. Tina

 

 
 
 

Mosca, San Pietroburgo e le città dell’Anello d’Oro

RUSSIA – di Delia Bocceda.
Un tempo i viaggiatori ricordavano Mosca per le innumerevoli chiese in muratura dalle cupole dorate, che spiccavano in un paesaggio urbano fatto di costruzioni in legno.
La Mosca di oggi, pur in vorticoso cambiamento, è dominata ancora dalla matrice sovietica con i suoi monumentali grattacieli staliniani, con i grandi monumenti nello stile del realismo sovietico, le stazioni della metropolitana sfarzose come palazzi e le imponenti arterie stradali anche nel centro cittadino. Ma il suo cuore batte sempre attorno alla Piazza Rossa e al Cremlino, dove spiccano le cupole colorate di San Basilio e dove si ha l’impressione di toccare con mano “la Storia”.

Frutto della volontà di un potente tiranno, San Pietroburgo al contrario è da sempre uguale a se stessa, compiaciuta del proprio mito. E’ considerata una delle città più belle del mondo e nello stesso tempo a misura d’uomo, depositaria di una tradizione culturale viva e motivo di orgoglio per i suoi abitanti: la città di Puskin e Dostojevskji, dei ponti sulla Neva e delle notti bianche, dell’Ermitage, della spettacolare Prospettiva Nevskij, delle residenze imperiali sorte a pochi chilometri di distanza.

A nord-est di Mosca, compresi tra la capitale e la riva destra del Volga, sorgono antichi centri dal grande interesse storico e architettonico: Vladimir, Suzdal, Kostroma, Pereslav-zalesskij, Rostov. Il loro massimo splendore risale al XII secolo quando, indebolito il potere di Kiev (prima capitale dell’antica Rus’), conquistarono la supremazia politica ed economica su tutto il Paese. Ma già nel corso del Trecento il centro del mondo russo divenne Mosca, la quale presto ridusse le località prima dominanti a un ruolo di vassallaggio. Oggi come allora, questi antichi centri sono molto lontani dai modi e dagli standard di vita della capitale. L’atmosfera tranquilla che vi si respira ha attraversato tutti i regimi, dimostrando che Mosca e San Pietroburgo sono sempre state altro rispetto alla Russia profonda.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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