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TECHNO ZAINI di RAM

Luglio, per molti le agognate vacanze si avvicinano, capita di dover, e anche solo voler, pensare al proprio equipaggiamento, “avrò tutto…?!?!”, al cosa portare, ma anche… a come portarlo.

Oltre al bagaglio principale, in molti facciamo uso di uno zaino per le cose di frequente uso, personali, di valore, da avere sempre con se, tante diverse ragioni riempiono lo zaino… “da giorno”.

Ne abbiamo di diversi tipi e misure, da quello preso coi punti fedeltà della tal raccolta, a quello super tecnico, passando per “quelloconcuiabbiamofattoqueltalviaggio”, scomodo e inutile per il prossimo, eppure stiamo comunque pensando di portarcelo.

Oppure no…

Con questo dubbio, ci siamo messi a guardarne sul web alcuni “diversi”, alcuni per un uso decisamente più metropolitano, altri da outdoor.

Per rispondere alle nuove esigenze di versatilità, gli zaini di oggi hanno materiali idrorepellenti, scompartimenti interni con imbottiture, sistemi anti-shock e tecnologia antimuffa. Alcuni hanno tasche dotate di sistema di sicurezza con blocco rfid per schermare dati sensibili, o pannelli solari integrati per ricaricare lo smartphone, ma ce ne sono anche tanti davvero insoliti.

Ecco cosa abbiamo curiosamente trovato:

Molte ormai le aziende che propongono lo zaino dotato di una maniglia di traino e di un sistema di ruote integrato che di fatto lo trasformano al bisogno in un trolley.

Una startup propone in pre-ordine lo zaino digitalizzato, personalizzabile con disegni e scritte in pixel da formare attraverso l’app dedicata; si può scegliere cosa fare comparire in maniera luminosa sulla scocca dello zaino.

Le cosiddette “camel bag” sono note agli escursionisti; ora alcune aziende ne propongono anche versioni integrate in zaini più di uso quotidiano, addirittura proposti pensando ai concerti! Si tratta di zaini comodi da indossare, leggeri e waterproof, con un sistema idrico integrato: una sacca da riempire di acqua o altro è agganciata all’interno dello zaino, in una tasca totalmente impermeabile in caso di fuoriuscite di liquido.

Abbiamo poi “visto”, è il caso di dirlo, lo zaino composto da uno speciale materiale riflettente dotato di milioni di micro-particelle integrate che lo rendono totalmente luminoso al buio se illuminato da fari di auto, moto o bici varie.

Per uso prevalentemente cittadino, lo zaino che si avvale di tecnologia anti-furto con tessuti contro i tagli, cerniere a scomparsa e tasche nascoste, interessante anche perchè  al suo interno prevede uno scompartimento ad hoc per ciascuna tipologia di device elettronico. C’è la tasca per il tablet, quella per lo smartphone, quella pensata per accogliere mini notebook, quella per il Kindle e quella più grossa per il laptop. Ovviamente ha anche una porta usb per ricaricare ogni dispositivo.

C’è poi lo zaino ideato per chi deve stipare lo zaino nel bagaglio a mano prima di decollare. Ultra leggero, con un peso inferiore ai 200 grammi, è molto compatto e il suo materiale tecnico speciale permette di ripiegarlo su se stesso fino a farlo diventare minuscolo. Una volta tolto dal trolley, diventa molto capiente e con una buona imbottitura anti-urto.

Uno zaino che ti massaggia mentre cammini non è più un sogno per amanti del benessere ma una realtà: ha come dispositivo integrato un massaggiatore che si attiva con un semplice click sul tasto posto in una bretella.

L’azienda che commercializzava borse composte di materiale riciclato i cui tessuti provengono dai teli per camion in disuso, ha realizzato anche lo zaino, dotato di due maniglie si può facilmente capovolgere e trasportarlo in orizzontale a mo’ di valigia.

Diverse le aziende produttrici di accessori per fotografia che si sono affacciate al mondo dello zaino, realizzando l’evoluzione dello zaino fotografico, pensato cioè per ospitare la sola attrezzatura: ne abbiamo trovati di compatti, leggeri, con scomparti separati da quelli fotografici, sicuri sul fronte ammortizzazione di urti e para-colpi, pensati per contenere sia le cose di tutti i giorni che anche reflex, obiettivi e laptop, dotati di cinturini frontali che possono trasportare un treppiede.

C’è poi quello dotato di faretto a led posto sul fronte che permette di illuminare la strada buia in tre modalità: intensa, soffusa, normale. “Con 28 ampie tasche imbottite, 14 tasche più piccole progettate per proteggere accessori tecnologici e 11 mini-scompartimenti per nascondere documenti e portafogli vari” recita la descrizione del produttore, e in effetti… si, credo che le cose sia facile nasconderle anche a noi stessi con tutti quegli scomparti!

Buon viaggio a tutti!

RAM

 

 

 


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CEVICHE, IL SUSHI PRECOLOMBIANO DI Silvia Fratini

Ogni cucina ha il suo piatto simbolo: se il turista in Italia mangia pasta anche a colazione e in Thailandia il pad thai ti esce dalle orecchie, in Perù non si può perdere l’appuntamento col ceviche, un piatto incredibile che affonda le proprie origini nelle civiltà precolombiane che abitavano le terre sudamericane
ben prima degli Inca.

Il ceviche è una preparazione a base di pesce crudo marinato con liquidi ed erbe.
Per riproporlo da noi, il pesce crudo può spaziare dal branzino alla sogliola, dal polpo alla capasanta passando per crostacei ed alici: vanno bene tutti, basta che siano freschissimi, è uno dei segreti per la riuscita del piatto, che va preparato sempre immediatamente prima del consumo.

Il vero cuore del piatto, tuttavia, si cela nella marinatura, una tecnica di preparazione degli alimenti che passa per l’immersione degli alimenti crudi o cotti in un liquido acido variamente preparato.
Avete presente il pesce in carpione o le sarde in saor? Ecco, quella preparazione.
Originariamente, la marinatura del ceviche si basava sul succo di lime, di tumbo o di mais, frutti disponibili nella vegetazione della fascia costiera sudamericana.
Con l’arrivo degli spagnoli giunsero in Sudamerica malattie sconosciute, armi e qualche frutto esotico come il limone e la cipolla: il primo finì per sostituire il succo dei frutti locali, mentre la cipolla cruda si aggiunse semplicemente all’intingolo.

Per completare la marinatura mancano ancora i peperoncini peruviani (chiamati rocotos), di incredibile abbondanza, varietà e piccantezza, i peperoni noti come aji e il coriandolo, amato ed odiato protagonista della ricetta.
Il liquido di marinatura così ottenuto è quello che in gergo viene chiamato leche de tigre e che nella tradizione viene servito in un bicchiere con l’aggiunta di un misurino di pisco, il distillato nazionale.
Per la potenza della bevuta è chiamato llevamuertos, e pare funzioni meglio del Viagra.

La ricetta
Ingredienti per 3 persone

 250 g di pesce fresco (polpa di pesce bianco come corvina, persico, branzino, e/o crostacei)
 1 piccolo peperoncino tritato fine
 il succo di 5-6 lime e/o limoni
 100 g di aji tagliato brunoise, ovvero a piccoli cubetti
 130 g di cipolla rossa brunoise
 un mazzetto di coriandolo
 sale
 pepe

Preparazione
Lavate e sciacquate il pesce, poi tagliatelo a cubetti e mettetelo in una ciotola.
Aggiungete la cipolla tagliata fine, sale, pepe, aglio, peperone e peperoncino e amalgamate.
Versate il succo di lime sul composto in modo da coprirlo completamente.
Coprite la ciotola con della pellicola trasparente e fate riposare per un’ora in frigorifero.
Servite con del coriandolo appena tritato.

 

 


RICORDI CULINARI DI UN VIAGGIO IN THAILANDIA di Valentina Dell’Ernia

Avete voglia di cucina etnica..?

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“Si ma.. non ho voglia di uscire di casa” Bene! Siete nel posto giusto!

Ecco la prima di alcune ricette che potranno soddisfare le vostre curiosità culinarie, senza dover prendere la macchina e dover cercare parcheggio (magari pure lontanissimo dal ristorante!)

Nella comodità e tranquillità delle vostre mura domestiche.

 

Si parte con il pad thai, un classico della cucina thailandese.

Si tratta di un piatto a base di spaghetti di riso (noodles) saltati nel wok al momento, con l’aggiunta di gamberi, verdure, arachidi, spezie ed altri condimenti.

Nasce originariamente come piatto da street food, ed ora si trova in tutti i ristoranti del grande paese del sudest asiatico e, anche se meno frequentemente, nelle più grandi capitali europee.

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Personalmente, la mia curiosità mi aveva portato ad assaggiarlo in un ristorante di Milano qualche anno fa, e già mi aveva colpito..

Ma il sapore di quello assaggiato a Bangkok e sulle isole del golfo del Siam, durante un indimenticabile Thai Discovery dell’agosto 2017, non lo dimenticherò mai!

Molti di voi che stanno leggendo sono stati in Thailandia, e quasi sicuramente vi è piaciuto.

 

Per voi, che non vedete l’ora di rimangiarlo, e per le persone che non l’hanno mai provato ed hanno voglia di sperimentare (è veramente buono!) … ecco, per voi, la ricetta del pad thai!

Questa è quella relativa alla versione classica, ma si può declinare in tante varianti, ad esempio col pollo, oppure con le verdure.

E’ semplice, prendetevi una bella mezzoretta di tempo per prepararlo, magari in compagnia di un buon bicchiere di vino bianco.

 

Ingredienti per 4 persone:

300 gr di noodles (spaghetti di riso; quelli da 3-5 mm di diametro sono perfetti)

80 gr di arachidi macinate

3 spicchi d’aglio

200 gr di gamberi già puliti

60 gr di olio di semi

Coriandolo (ma potete farne anche a meno eh, se non vi piace… è buono lo stesso)

150 gr di germogli di soia

20 gr di salsa di soia

Erba cipollina

50 gr di acqua

40 gr di succo di tamarindo

40 gr di pasta di pesce

1 lime

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Per prima cosa, mettete in una ciotola i noodles, e lasciateli in ammollo nell’acqua tiepida mentre preparate gli ingredienti.

Lavate, asciugate, e tritate finemente il coriandolo (sempre se vi piace…) e l’erba cipollina.

Scaldate il wok (se non l’avete va benissimo anche una padella molto capiente) con 30 gr. di olio di semi, aggiungetevi le arachidi e fatele tostare, mescolandole costantemente per non farle bruciare, e quando vi sembrano pronte toglietele dalla padella e mettetele da parte.

Eliminate dal wok l’olio che avete appena usato e utilizzate gli altri 30 gr. rimasti, sminuzzate gli spicchi d’aglio e fateli soffriggere a fuoco medio per un paio di minuti.

Adesso potete aggiungere gli spaghetti di riso, che nel frattempo dovrebbero essersi ammorbiditi; scolateli e versateli in padella mescolandoli per bene per amalgamarli al soffritto e saltateli sempre a fiamma media per evitare che si attacchino.

Aggiungete il succo di tamarindo, la pasta di pesce e metà salsa di soia, continuando a mescolare.

Versate poi l’acqua, alzate la fiamma, inserite il coriandolo e l’erba cipollina tritata, e mescolate ancora.

Unite a questo punto i germogli di soia, precedentemente sciacquati, amalgamateli al resto e saltate il tutto a fiamma vivace.

Spostate i noodles su di un lato del wok, e aggiungete, nello spazio liberato, i gamberi, sopra i quali andrete a versare la salsa di soia rimanente.

Scottateli brevemente, mescolandoli con delicatezza per evitare di romperli. Solo quando saranno ben tostati, potrete amalgamarli al resto della preparazione, e poi aggiungere le arachidi tostate. Saltate il tutto per l’ultima volta.

 

Eccolo qui..il pad thai è pronto!

Ricordatevi di unire un pò di succo di lime per dare un sapore ancora più esotico…

Buon appetito! E al prossimo viaggio culinario 😉

 

P.s.: per la versione con pollo, aggiungete qualche dadino di carne al posto dei gamberi; per tutte le versioni, potete utilizzare anche altre verdure come carote, fagiolini, peperoni.. L’importante è che rimangano sempre belle croccanti.


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IL GIOCO DEL BAO di Anna Grande


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Il gioco del Bao è diffuso principalmente in Africa orientale (Kenya, Tanzania, Congo, Uganda) e appartiene alla famiglia dei “Mancala”, giochi da tavolo detti anche “giochi di semina” che, attraverso la tratta degli schiavi, si sono diffusi persino nelle Americhe. Ha origini antichissime e spesso è legato ad auspici di buon raccolto: in alcune regioni infatti è consentito giocare solo di giorno in quanto di notte i tavolieri vengono lasciati fuori affinché gli spiriti vi possano giocare.

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Schema iniziale di gioco

Si gioca con un tavoliere di legno (Bao in Swahili vuol dire “tavoliere”) costituito da una serie di 32 buche, dette case o pozzi, disposte su 4 file. Si gioca in due ed ogni giocatore possiede le due file di buche più vicine a sé e 32 semi di uguali dimensioni. All’inizio del gioco ciascun giocatore dispone sei semi nella casella quadrata e due in ciascuna delle due caselle adiacenti, per un totale di dieci semi nella propria fila interna.

I giocatori muovono a turno utilizzando uno dei restanti 22 semi, con una mossa detta “semina” che consiste nel prelevare tutti i pezzi presenti in una delle  proprie buche e depositarli nelle buche adiacenti, uno alla volta, procedendo sempre nella stessa direzione (che al turno successivo può essere invertita come strategia di gioco). Se l’ultimo seme viene posto in una buca che fronteggia una buca dell’avversario contenente dei semi, questi possono essere “catturati” e il giocatore di turno può continuare la propria semina.

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Modello di tavoliere di legno

Il gioco presenta una varietà infinita di regole, ma lo scopo è sempre quello di catturare i pezzi dell’avversario o metterlo in condizione di non avere più mosse consentite a disposizione. Vince il giocatore che per primo svuota la fila interna dell’avversario.

Non è un gioco di fortuna, ma di strategia, di logica, di abilità matematiche e, oltre ad avere una grande funzione di aggregazione e di conoscenza reciproca, costituisce uno strumento con cui insegnare l’aritmetica ai bambini.

Per chi desidera approfondire, sul Web si trovano vari tutorial del gioco. Segnalo in particolare il seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=sld8eDsxyvQ …vedrete due giocatori molto abili e rapidi in azione!

Buon divertimento, con l’augurio di poter sfidare un vero giocatore di Bao in uno dei vostri prossimi viaggi!


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Rocco Talia in Namibia – una scelta coraggiosa.

Articolo Repubblica Milano del 22 Giugno 2014

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Cena Natale 2012 – Angolo dell’avventura di Milanocentro

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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